Attualmente il TFR disciplinato dalla legislazione italiana, presenta una variante a seconda che sia stato maturato prima o dopo dell’anno 2000. Il fattore comune però rimane il fatto che ogni azienda è tenuta a preservare una quota pari alla retribuzione annua del dipendente divisa per 13,5, il che equivale a circa un mese di retribuzione. Allo scoccare dell’ottavo anno di collaborazione all’interno della medesima azienda, il lavoratore ha il diritto di chiedere un anticipo sul TFR entro la misura massima del 70% per far fronte a spese sanitarie straordinarie, per intraprendere un percorso formativo o per acquistare una prima casa. Ogni anno la quota depositata viene rivalutata dell’1,5% a cui si somma il 75% dell’inflazione.
La nuova
proposta, prodotta dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi in collaborazione
con il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, valuta la possibilità di
trasferire parte del TFR (nella misura del 50%) direttamente nella busta paga
dei lavoratori, i quali troverebbero un aumento della retribuzione di circa il
3,5%. La manovra è stata pensata come ulteriore incentivo per il rilancio dei
consumi.
Le
conseguenze di una manovra del genere sono molteplici: le imprese utilizzano i
TFR dei dipendenti come un fondo di finanziamento e, dovendolo corrispondere
mensilmente ai propri dipendenti, si ritroverebbero ad affrontare seri problemi
di liquidità, con il rischio di fallimento per aziende di piccole e medie
dimensioni. Anche i lavoratori non trarrebbero un particolare beneficio dal
passaggio del Decreto in Legge: infatti le entrate superiori previste
verrebbero tassate alla pari del resto del reddito, comportando una netta
perdita rispetto al sistema attuale. http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2014/09/24/tfr-in-busta-paga-un-tesoretto-da-13-miliardi_c490f72a-e49b-4b55-9327-4908141db1f0.html
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